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Il tumore al pancreas è tra i tumori più aggressivi e temuti dalle persone, ma anche dagli specialisti.

La sopravvivenza è aumentata negli ultimi anni, le possibilità di guarigione sono ancora limitate. Tanto che, a cinque anni dalla diagnosi è vivo solo per circa il 10% dei pazienti, contro ad esempio il 90% di altri tumori come cancro al seno o alla prostata.

«Oggi, grazie al progresso della ricerca, qualcosa comincia a muoversi ma c’è ancora molto da fare – dice Paolo Veronesi, presidente di Fondazione Umberto Veronesi, impegnata nel finanziamento a medici e ricercatori che hanno deciso di dedicare la propria vita a curare e prevenire di questa patologia -. Anche sul fronte prevenzione sappiamo qualcosa in più. Non potendo ancora oggi arrivare a una diagnosi precoce (perché spesso i sintomi sono vaghi) tutto ciò che possiamo fare è ridurre il rischio di ammalarsi. E, quando la malattia si presenta, è di fondamentale importanza rivolgersi a centri specializzati, soprattutto per quanto riguarda la chirurgia». Proprio per informare e guidare pazienti e familiari, la Fondazione ha recentemente pubblicato il quaderno «Tumore del pancreas. Il presente e il futuro», scaricabile gratuitamente nell’area download del sito www.fondazioneveronesi.it.

Sono circa 14.500 i connazionali, la maggior parte dei quali fra i 60 e gli 80 anni, che ogni anno ricevono una diagnosi di carcinoma pancreatico, che resta un nemico difficile da combattere anche perché spesso viene diagnosticato già in fase avanzata e la chirurgia è così applicabile a un ristretto numero di persone (20% circa). Da tempo però gli specialisti sottolineano l’importanza di rivolgersi un centro di riferimento nella diagnosi e nel trattamento delle neoplasie pancreatiche perché, come hanno dimostrato studi e statistiche, l’esperienza del chirurgo può fare la dovuta differenza.

«Non sempre la diagnosi di un tumore pancreatico è semplice, ma una volta acquisita, la scelta del trattamento migliore dovrà essere vagliata da specialisti esperti in un team multidisciplinare – dice Gianpaolo Balzano, chirurgo del Pancreas Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano -. E se nel percorso terapeutico sarà previsto un intervento chirurgico, bisogna sapere che la chirurgia pancreatica è molto complessa, motivo per cui è bene rivolgersi a un ospedale con la dovuta esperienza: i numeri indicano chiaramente che il rischio di morte o complicanze è maggiore per chi tratta pochi casi». Eppure la maggior parte degli ospedali italiani opera pazienti con questo tipo di cancro senza avere le conoscenze e la casistica necessari a grande discapito dei malati.

La neoplasia del pancreas è difficile da curare, anche perché è una malattia molto subdola e silenziosa. Che non daì sintomi all’inizio. Nella maggior parte dei casi, quando si scopre, si è già diffusa in altri organi e ha già invaso i tessuti circostanti, impedendo così una sua asportazione radicale. «Per questo si ricorre sempre più frequentemente alla somministrazione della chemioterapia prima dell’intervento – spiega Stefano Cascinu, ordinario e primario di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, tra gli autori del volme di Fondazione Veronesi insieme a Balzano -: per trattare da subito le possibili “micrometastasi” (metastasi già presenti, ma troppo piccole per essere evidenziate dagli esami), e per migliorare la radicalità dell’intervento, rendendo più piccolo il tumore primitivo». Come per molti alti tipi di cancro, però, le aspettative di vita aumentano se si riesce ad avere una diagnosi precoce, per cui è bene non trascurare alcuni campanelli d’allarme come la comparsa improvvisa del diabete in un adulto senza fattori di rischio specifici, oppure uno scompenso improvviso di un diabete già noto; un importante calo di peso non giustificabile o la steatorrea (cioè feci chiare, oleose, poco formate, che tendono a galleggiare).

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