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Si riapre il caso di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 in via Poma a Roma.

Da alcuni giorni, i pm di piazzale Clodio hanno avviato un nuovo procedimento ascoltando una serie di testimoni, tra cui l’allora dirigente della Squadra Mobile, Antonio Del Greco. Tra gli inquirenti la cautela è massima ma secondo quanto scrive il quotidiano Il Foglio le nuove indagini riguarderebbero un sospettato che già all’epoca dei fatti finì nel mirino degli investigatori.

Il suo alibi, a distanza di oltre trent’anni, potrebbe essere smentito da nuovi elementi raccolti dai magistrati per cercare di dare una identità finalmente chi quel pomeriggio di agosto di 32 anni fa, si accanì senza alcuna pietà sul corpo della povera Simonetta.Cesaroni, in un ufficio di Via Poma dove lavorava come segretaria.

I legali della famiglia Cesaroni al momento non commentano il nuovo sviluppo giudiziario mentre dal canto suo l’avvocato Paolo Loria, difensore di Raniero Busco, ex fidanzato di Simonetta Cesaroni e assolto in via definitiva dall’accusa di omicidio, non nasconde la sua “soddisfazione”.

Nel febbraio del 2014 con la decisione della Cassazione che confermò l’assoluzione dell’ex fidanzato. Contro di lui non furono trovate prove in grado di accusarlo “oltre ogni ragionevole dubbio” di essere l’assassino. Anzi, gli elementi che in primo grado portarono alla sua condanna a 24 anni di carcere, per i giudici della Suprema Corte erano da considerare solo delle “congetture”. Nelle motivazioni di quella decisione la Cassazione mise in fila tutti i tasselli di uno dei più noti casi irrisolti della cronaca nera, dopo le archiviazioni dei procedimenti a carico del portiere dello stabile Pietrino Vanacore (morto suicida) e di Federico Valle. Ad avviso degli ‘ermellini’ l’assoluzione di Busco emessa dalla Corte d’Assise d’appello di Roma il 27 aprile 2012, non è da mettere in discussione perche’ risponde alle regole della “congruità” e completezza della motivazione” ed ha una “manifesta logicità”. I giudici di piazza Cavour smontarono l’impianto accusatorio della procura arrivando ad affermare che non si sa nulla di sicuro sulle “modalità e i tempi” dell’azione omicidiaria, sul “movente” dell’omicidio, e nulla autorizza a ritenere “falso” l’alibi di Busco. Non è nemmeno sicuro che l’ex fidanzato di Simonetta fosse in via Poma quel giorno, mentre è sicuro che ci sono state altre persone delle quali si è trovato il Dna “minoritario” sulla porta di ingresso della stanza dove si trovava Simonetta e sul telefono dell’ufficio.

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