“Voglio giustizia per mio figlio, e voglio che emerga la verità.
Nessun bambino deve passare quello che ha passato lui”.
La mamma del piccolo Domenico, chiede giustizia per il suo bambino, morto nella notte all’ospedale di Taormina per un edema cerebrale.
Ma facciamo un passo indietro per capire al figlioletto che cosa sia successo.
Domenico era entrato al San Marco di Catania per un disturbo intestinale, in seguito all’applicazione di un sondino avrebbe poi contratto in ospedale un batterio, l’enterococco, che ha colpito tutti gli organi, dal cuore ai reni.
Il piccolo è stato poi trasferito al Policlinico di Catania e da qui ricoverato in fin di vita all’ospedale di Taormina. “Mio figlio – aveva spiegato la donna all’Ansa, lanciando anche un appello sui social, affinché qualche specialista di neurologia, si facesse avanti per poter operare il suo bambino – ha avuto tre arresti cardiaci. I medici sono riusciti a far riprendere tutti gli organi compromessi ma una Tac ha evidenziato un edema cerebrale e i sanitari hanno deciso di fare un esame accurato per capire se è ancora presente una attività. Ma io non lo abbondonerò mai, fino a quando batterà il suo cuoricino non farò staccare la macchina che lo tiene in vita”.
“Mio figlio stava bene quando è stato ricoverato, quell’infezione si prende soprattutto negli ospedali. Finché il cuore del mio bambino batterà io non mi rassegnerò e continuerò a chiudere giustizia”.
Ma poi nella notte è arrivata la terribile notizia. Domenico è morto.
La madre non si arrende e quella che fino a qualche ora fa era rabbia, oggi, alla morte del figlio, è dolore senza speranza. Non ha dubbi. Sostiene che ad uccidere il piccolo Domenico sarebbe stato un errore sanitario da parte dell’ospedale San Marco di Catania. “Voglio giustizia per mio figlio, e voglio che emerga la verità”, ha ribadito la donna sui social, ma nessuna replica è ancora arrivata da parte dell’ospedale.
Intanto la Procura di Messina ha aperto subito un’inchiestaerà d’ufficio o se ci sia stata una denuncia da parte della famiglia che ha fatto aprire l’inchiesta.