Una cinese nata in Italia ma vissuta tra un laboratorio clandestino e l’altro senza mai interagire con le istituzioni e restando, incredibilmente, invisibile dal punto di vista della vita civile e sociale. Oggi maggiorenne, che è passata dal Veneto alla Lombardia sempre all’ombra della madre, senza mai andare a scuola e senza mai vedere un medico. Unico dato certo: l’atto di nascita registrato a Rovigo. Ma dopo quell’unico documento cartaceo si sono susseguiti ben 17 anni da fantasma per lo Stato italiano.
Fino a quando non è stata trovata dalla polizia locale di un paese in provincia di Brescia, un anno fa, durante un blitz in uno scantinato trasformato in laboratorio tessile. Il laboratorio tessile clandestino dove è stata trovata sarebbe stata l’ultima tappa del girovagare della madre nell’Italia del Nord. La donna era sempre piegata sulle macchine da cucire, a lavorare mentre la figlia cresceva nella clandestinità e nel silenzio più assoluti. Un anno fa, in primavera, quando le forze dell’ordine entrano in uno scantinato dell’hinterland di Brescia, trovano brandine in fila, di uomini e di donne, una dietro l’altra, e poi tavoli da lavoro.
Ogni postazione una luce, perché si lavora di giorno e di notte. E la Procura della Repubblica di Brescia da un anno sta lavorando per ricostruire gli spostamenti e le storie delle vite di quegli operai cinesi trovati nell’operazione congiunta di Polizia locale e Guardia di Finanza che ha portato alla scoperta anche di questa giovanissima ragazza.
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