Il Tribunale di Foggia con la sentenza n. 1092/2022 ha affermato che le emoticon, i cuoricini all’amante, possono essere causa di addebito della separazione a carico del coniuge che li ha mandati. In più, gli screenshot insieme alle testimonianze consentono di datare l’inizio della relazione, che avviene in costanza di matrimonio, quando non c’è ancora tensione nella coppia.
Emoticon di WhatsApp, al pari di messaggi scritti e vocali, diventano una prova nei processi. Ma nell’utilizzo dei social nei esiste un ostacolo: la privacy. Come dimostra anche un’ordinanza depositata il 20 febbraio scorso dalla Cassazione, nella quale afferma espressamente che non può scattare l’addebito della separazione sulla base di screenshot acquisiti illecitamente dalla coniuge su WhatsApp tramite il cellulare del marito che ne dimostravano l’infedeltà.
Come si legge su Italia Oggi, “se è certo che le conversazioni fotografate per sempre negli screenshot sono una vera prova non lo è altrettanto sull’utilizzabilità quando le informazioni vengono trafugate dal cellulare altrui. Più facile che diventino validi e utilizzabili nel processo penale dove non vi è la necessità di una prova legale ma il dato, comunque sia acquisito, può essere liberamente utilizzato dal magistrato. Diverso è in ambito civile dove è richiesto un maggiore rigore per tali prove che devono essere legali, nel senso che il giudice non può che dargli un valore prestabilito”.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n.522 dell’8 febbraio scorso, ha sancito infatti che il genitore collocatario ha diritto al rimborso per le spese straordinarie sostenute per i figli con un semplice ok sulla chat.
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