“Jewelry: The Body Transformed” è la grande rassegna pubblica che il museo su Fifth Avenue dedica dal 12 novembre al gioiello nell’arte, alla cultura e alla società.
“Per comprendere il potere del gioiello, non basta considerarlo come una scultura in miniatura”, afferma la Holcomb: “Le culture del mondo differiscono ampiamente su dove il gioiello debba essere indossato. Concentrandosi sull’interazione con il corpo umano, Jewelry introduce un elemento chiave che è mancato negli studi precedenti sull’argomento”.
In mostra ci sono 230 pezzi selezionati tra circa ottomila collezioni del Met, ordinati per soggetto, non cronologicamente, per mettere in luce non solo perché si indossa un gioiello, ma anche cosa questo gioiello attiva nel corpo quando viene indossato. La Holcomb, che ha lavorato con altre cinque curatrici, ha attinto da tutti e 17 i dipartimenti del Met, armature e strumenti musicali inclusi: non succedeva da quando dieci anni fa il museo rese omaggio al direttore uscente Philippe de Montebello. L’oro la fa da padrone: “Rappresenta l’autorità divina e l’idea di vita eterna perché non si degrada e non si corrode”, spiega Joanne Pillsbury del dipartimento Africa, Oceania e Americhe. Permanenza e impermanenza: come esempio della durabilità dell’effimero, nella prima stanza c’è un collare appartenuto a Tuankhamen fatto di fiori, foglie di olivo e bacche miracolosamente sopravvissuto al faraone bambino quando fu collocato nella sua tomba.
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