Un attacco terroristico, una scossa di terremoto o un’aggressione subita, delle minacce, possono causare alterazioni nel cervello che perdurano nel tempo. Il meccanismo è stato osservato per la prima volta dai ricercatori dell’Università Statale di Milano, grazie ad uno studio che ridefinisce il confine tra stress cronico e acuto aprendo a nuove vie per la gestione di malattie neuropsichiatriche come ad esempio il Disturbo Post-traumatico da Stress (Ptsd).
La ricerca, pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry, dimostra che un singolo evento stressante può aumentare il rilascio nella corteccia cerebrale per almeno 24 ore di una sostanza (il neurotrasmettitore eccitatorio ‘glutammato’).
In seguito si determina un’atrofia dei dendriti, ramificazioni con cui i neuroni ricevono i segnali dai loro ‘vicini’ (comprese le molecole di glutammato): una modifica della struttura dei circuiti neuronali che potrebbe giocare un ruolo di primo piano nell’insorgenza del Disturbo Post-traumatico da Stress. Che, come spiegano gli autori dello studio, modificano radicalmente la tradizionale distinzione che viene fatta tra stress acuto e stress cronico.
La misura del rilascio di glutammato e di parametri correlati fornirebbe, secondo gli esperti, un modello sperimentale per testare nuovi farmaci per la terapia del il Disturbo Post-traumatico da Stress, una malattia per cui manca ancora una cura efficace, che escluda possibili ricadute in seguiti a ricordi intrusivi o situazioni di forte tensione emotiva, stressante o di paura, che possano far rivivere quanto già vissuto.