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Capofila, insieme a diverse istituzioni pubbliche e private, l’Università del Piemonte Orientale.

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“L’infiammazionee”, ha spiegato Costantino Pitzalis, docente e direttore di Medicina sperimentale e Reumatologia della Queen Mary University, “provoca una crescita incontrollata della sinovia, che si espande fino a distruggere la cartilagine ed erodere il tessuto osseo. Questo provoca dolore e rigidità articolare che, se non trattati, compromettono la qualità di vita del paziente con un danno anatomico ed una disabilità irreversibile”. E “non esiste una cura definitiva per l’artrite reumatoide. La remissione dei sintomi è più probabile quando il trattamento inizia precocemente con farmaci antireumatici modificanti la malattia e, in caso di fallimento, si passa alle terapie di seconda linea, quelle biologiche mirate a specifiche vie cellulari e molecolari del sistema immunitario”.

Un progetto di ricerca europeo, chiamato “Flamin-Go”, è stato pensato con l’obiettivo di aprire una nuova strada verso l’assistenza personalizzata nel trattamento dell’artrite reumatoide. Malattia infiammatoria cronica autoimmune. “Una soluzione organo su chip che consentirà la selezione del miglior farmaco sul mercato per il trattamento di ciascun paziente, oltre a consentire lo sviluppo di nuovi farmaci”.

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