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Alberto Stasi nel processo a porte chiuse che si è tenuto ieri avrebbe detto: “Non cercate a tutti i costi un colpevole condannando un innocente. Sono anni che sono sottoposto a questa pressione. E’ accaduto a me e non ad altri. Perché? Mi appello alle vostre coscienze: spero che mi assolviate”.

Quando il presidente della Corte gli ha chiesto se avesse dichiarazioni da fare, Stasi si è alzato e ha pronunciato queste parole.

I giudici della corte d’Assise d’appello di Milano sono entrati in camera di consiglio per emettere una sentenza nei suoi confronti, in merito all’omicidio di Chiara Poggi, la giovane uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.

In aula oltre ad Alberto, erano presenti anche i familiari di Chiara, mamma Rita, papà Giuseppe e Marco, il fratello della ragazza, che da sette anni chiedono di sapere la verità.

Per Stasi il pg ha chiesto trent’anni di carcere mentre la difesa ritiene non ci siano prove per ritenerlo colpevole.

L’udienza è iniziata con le repliche del sostituto procuratore generale di Milano Laura Barbaini.

Dopo il rappresentante della pubblica accusa hanno preso la parola gli avvocati di parte civile e quelli di Stasi per gli ultimi interventi. Ora resta la parola al capitolo finale del giudizio, la sentenza.

E la mamma di Chiara molto emozionata ha pronunciato queste parole “Ora guardero’ Chiara e le diro’ ‘ce l’hai fatta‘”, aggiungendo “finalmente e’ stata riconosciuta la verita’“.

Secondo gli inquirenti i fatti sono andati in questo modo.

Quella mattina, Stasi, allora laureando, ora 31enne commercialista, busso’ alla porta della villetta della sua fidanzata. La massacrò colpendola più volte alla testa con un’arma mai trovata (un martello, l’ipotesi del pg) e gettò il suo corpo dalle scale. Poi si presentò dai carabinieri per denunciare il ritrovamento del cadavere indossando un paio di Lacoste pulite, dettaglio che la nuova perizia eseguita durante questo appello ha valorizzato.

A dire degli esperti, non sarebbe stato possibile per Stasi non macchiarsi le suole col sangue della vittima cosparso in ogni angolo della casa. Erano dunque di Alberto le impronte di 4 dita insanguinate sul pigiama rosa della vittima, immortalate in una fotografia che l’accusa ha mostrato in aula. Per lavarsi le mani Stasi avrebbe usato un dispenser nel bagno di casa Poggi sul quale è stato trovato il suo dna.
E poi ancora ci sarebbe il materiale pedopornografico trovato sul suo pc, e foto di donne molto particolari. Che avrebbero potuto spingere la coppia a litigare.

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