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A distanza di quindici giorni dall’anatema di Papa Francesco ai mafiosi e alla ‘ndrangheta, gli affiliati alle cosche del carcere di Larino, hanno disertato la Messa: «Se non possiamo prendere più i sacramenti, alla funzione religiosa non veniamo più», questa la loro protesta.

Un ammutinamento che dimostra certamente il peso che hanno avuto le parole del pontefice, che secondo l’arcivescovo di Campobasso Giancarlo Bregantini, «Muovono le coscienze».

Un gesto, che al contrario, potrebbe essere interpretato, come di potere, ovvero che la criminalità è più forte della Chiesa e dello Stato. Reazione che fa pensare che non esiste pentimento, ed è dunque un segnale diretto all’esterno come per dire siamo con voi, non ci pieghiamo.

Fatto sta, è che c’è una Chiesa che non tollera più alcuna complicità, e poi ce ne è un’altra che non si piega e non bada alle parole di Francesco.

E ne è una prova, la recente processione di Oppido Mamertina, in Calabria, durante la quale, la statua della Madonna Delle Grazie è stata fatta inchinare in processione di fronte alla casa del boss locale ai domiciliari, Peppe Mazzegatti.

Un “omaggio” che il parroco locale, cugino dell’uomo, non soltanto ha cercato di minimizzare (come fatto anche dal sindaco).

Una sosta di trenta secondi che deve essere sembrata infinita al maresciallo dei carabinieri Andrea Marino. Il quale, pochi giorni prima aveva voluto incontrare i membri della commissione della festa per chiedere che tutto si svolgesse senza soste, inchini o gesti di reverenza.

Una precauzione dovuta a quanto accaduto nei giorni precedenti in altri paesi limitrofi durante alcune manifestazioni religiose che sono al vaglio della Procura. Gesti non nuovi in Calabria, dove le manifestazioni religiose sono utilizzate dagli uomini dei clan per mostrare pubblicamente il loro potere.

Il maresciallo ha subito allertato i suoi uomini lasciando la cerimonia. Cosa non fatta da sindaco, giunta e sacerdoti. La stazione dei carabinieri ha trasmesso un’informativa alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

Ed in queste ore, si esaminano i filmati e si identificano i portatori. Il comandante di stazione quando si è reso conto di quanto stava accadendo, si è allontanato dal percorso della processione per documentare, da ufficiale di polizia giudiziaria, l’evento, al fine di identificare sia le persone responsabili dell’inchino, sia coloro che hanno dato l’ordine di compiere quel gesto.

Su tale vicenda sono intervenuti anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano che ha definito «Deplorevoli e ributtanti rituali cerimoniosi». Mentre la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi ha annunciato che intende approfondire i fatti.

Il sindaco Domenico Giannetta cerca invece di arginare il caso: «A quanto appreso finora la ritualità di girare la Madonna verso quella parte di paese risale a più di 30 anni fa ma questa non deve essere una giustificazione».

Mentre il vescovo della Diocesi di Oppido-Palmi, monsignore Francesco Milito, ha esordito dicendo che: «Il fatto è grave e prenderemo dei provvedimenti. In tempi brevi prenderemo tutte le informazioni in modo da avere un quadro completo, sia sui fatti che sulle persone, di quanto è accaduto. La cosa certa è che prenderemo dei provvedimenti».

Infine, per il parroco del paese nulla sembra essere accaduto. Anzi, durante la celebrazione della messa di ieri intravedendo la telecamera del giornalista del Fatto, Lucio Musolino, dall’altare ha detto: «Vi invito a prendere a schiaffi quel giornalista in fondo alla Chiesa».

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