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Il carcinoma mammario è, per incidenza e mortalità, al primo posto tra i tumori maligni della popolazione femminile.

Nel nostro Paese, ogni anno il tumore del seno colpisce 31.000 donne e causa circa 11.000 decessi, rappresentando, la prima causa di morte per tumore nel sesso femminile.

Ebbene, secondo una stima una donna su 10 svilupperà il cancro della mammella nel corso della sua vita.

Tra i sintomi che si annoverano: un nodulo o un ispessimento mammario palpabile e non dolente scoperto in genere dalla paziente stessa. Non mancano, irritazione della pelle, alterazione, retrazione, dolore e fragilità del capezzolo, presenza di secrezione.

Attualmente, col diffondersi dell’uso della mammografia, è sempre più frequente il riscontro di anormalità mammografiche non palpabili.

La mammografia è un esame radiologico della mammella che si esegue comprimendo una mammella alla volta su un apposito sostegno ed eseguendo radiografie con riprese dall’alto verso in basso ed obliquamente.

Tale esame riesce a dare informazioni sulle strutture delle ghiandole e sulle eventuali alterazioni della mammella consentendone l’esplorazione in toto.

Il programma di screening prevede che a tutte le donne di età compresa fra i 50 e i 70 anni debba essere offerta una mammografia di screening ogni due anni perché è l’unica metodica capace di diagnosticare neoplasie della mammella anche in fase molto precoce, quando sono di dimensioni a volte di pochi millimetri, ancora non palpabili né documentabili con altri esami medici.

Inoltre l’esame se ripetuto non è rischioso. Altro rischio per la donna, è il carcinoma della cervice uterina, uno dei tumori più comuni nel mondo che risulta particolarmente frequente nei paesi in via di sviluppo, dove rappresenta la maggiore causa di morte nella donna tra i 35 e i 45 anni.

Nel mondo, infatti, sono 440.000 i nuovi casi ogni anno, di cui l’80% nei paesi in via di sviluppo. Il tumore del collo dell’utero è la quarta neoplasia per frequenza nella donna e rappresenta il 6% di tutte le neoplasie femminili con circa 3700 nuovi casi in Italia per anno.

La mortalità per questa neoplasia in Italia è di 4 casi su 100.000, ma si è ridotta di circa un terzo rispetto agli anni ’50, proprio grazie ad una più precoce diagnosi dovuta soprattutto ad una sempre maggiore sensibilizzazione delle donne mediante campagne di screening con il PAP test che consente una diagnosi precoce.

Il PAP test è un esame, che consiste in un prelievo, mediante una spatolina, di cellule del collo dell’utero attraverso il quale è possibile identificare eventuali anomalie di tali cellule.

L’indagine serve per evidenziare la presenza di fenomeni infiammatori o infettivi, sia la presenza di lesioni precancerose che possono presentarsi, talvolta anche di alcuni anni, nonchè la formazione di una neoplasia del collo dell’utero e lesioni cancerose.

Le raccomandazioni della CEE, approvate dalla Commissione Oncologica nazionale, identificano la fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni con un intervallo di screening di tre anni.

Pertanto, ogni donna, che ha iniziato ad avere rapporti sessuali, anche in assenza di qualsiasi disturbo, dovrebbe comunque fare il PAP test.

Di fondamentale importanza è che tutte le donne aderiscano ai programmi di screening perché questi consentono in molti casi una diagnosi pre-clinica con possibilità di guarigione con terapie conservative e non aggressive.

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