E’ stato messo a punto un test del sangue che sarebbe in grado di poter predire il rischio di parto prematuro, oltre quattro mesi prima della data presunta nascita del nascituro: il test in questione si baserebbe sulla presenza di certi frammenti di RNA libero nel sangue (cfRNA) della gestante; le donne che avranno, pertanto, un parto prematuro presenteranno a 16 settimane di gestazione un profilo ben distinto e riconoscibile a questi Rna circolanti, tanto da rendere la ‘biopsia liquida’ un test potenzialmente utilizzabile da affiancare agli altri test prenatali che sono già in uso.
È il risultato del frutto di uno studio condotto dal BGI Research di Shenzhen e dall’Ospedale di Ostetricia e Ginecologia della Fudan University di Shanghai, in Cina, che sarà presentato nel corso del convegno annuale che la Società Europea di Genetica Umana terrà prossimanente a Milano.
Ogni anno, infatti, circa 13,4 milioni di neonati in tutto il mondo nascono prematuri, pari a circa uno su dieci di tutti i nati vivi.
Quasi un milione di questi neonati pretermine muore ogni anno e la PTB rimane la prima causa di mortalità nei bambini sotto i cinque anni.
Secondo dati raccolti dalla SINPIA, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ogni anno nel nostro Paese nascono prima del termine tra i 25.000 e i 30.000 neonati, circa 1 bambino su 10, la maggior parte non gravemente prematuri (i cosiddetti “late preterm”), mentre sono circa 0.9-1% i nati “molto” o “estremamente” pretermine.
Poiché i bimbi nati pretermine hanno organi immaturi e non ancora preparati per la vita che li aspetto fuori dall’utero, il rischio di complicazioni è molto più elevato rispetto a quelli nati a termine. Questo può portare a una serie di complicanze come ad esempio a problemi respiratori, ittero, oppure a difficoltà di alimentazione e infezioni. I problemi di salute a lungo termine di questi bambini includono paralisi cerebrale, epilessia e cecità, e impongono alle famiglie un notevole carico emotivo e finanziario non indifferente.
Prevedere il rischio di nascita pretermine (PTB) e quindi mettere in atto strategie preventive è complicato, anche per la mancanza di strumenti predittivi affidabili.
Gli esperti hanno analizzato campioni di sangue di 851 gestanti (299 casi di PTB e 552 controlli) a circa 16 settimane di gestazione e hanno rilevato, delle vere e proprie alterazioni molto significative nei cfRNA delle donne che poi sarebbero anche andate incontro a parto prematuro; il profilo degli Rna è differente nelle gestanti la cui gravidanza arriva a termine.
Lo studio in questione, ha incluso sia le nascite pretermine con membrane intatte sia la rottura prematura delle membrane (quando le acque si rompono prima dell’inizio del travaglio), con meno del 3% delle donne che aveva già avuto un precedente parto pretermine.
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