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“L’autore dell’omicidio di Serena Mollicone è Marco Mottola”.

A dirlo in un aula è il pm di Cassino nel corso della requisitoria nel processo che vede la morte, anni fa, di Serena Mollicone, assassinata il 1 giugno del 2001 nella caserma dei carabinieri di Arce.

Marco Mottola è uno tre imputati accusati di omicidio volontario e occultamento del cadavere insieme al padre, Franco, ex comandante della caserma e alla moglie Anna Maria.

Gli altri due imputati sono il luogotenente Vincenzo Quatrale e l’appuntato dei carabinieri, Francesco Suprano.

«Piena compatibilità con la frattura al capo»

«Il cuore del processo è quale sia l’arma del delitto — esordisce il pm Beatrice Siravo, riferendosi alla porta contro la quale sarebbe stata fatta sbattere la testa della ragazza — Quando abbiamo riaperto le indagini con l’ipotesi dell’omicidio avvenuto in caserma e con la perizia sulla porta avevamo poche speranze su un risveglio delle coscienze. L’unica che potesse dirci chi ha ucciso Serena era Serena stessa ma noi siamo arrivati ad avere una prova scientifica solidissima». Il pm ripercorre poi i passi con i quali si è arrivati a identificare la porta dell’alloggio degli ufficiali, quindi dei Mottola, spostata poi nell’appartamento in uso a Suprano, come arma del delitto. Dalle prime testimonianze sulla sua collocazione fino alle accurate analisi sulla compatibilità della lesione sul capo della vittima con i segni presenti sulla porta.

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SERENA MOLLICONE 5

«Analisi scientifiche scrupolosissime – le definisce il pm – che hanno portato a escludere ogni ipotesi alternativa (gli imputati sostengono che quei segni sono dovuti a un non meglio precisato pugno di Marco o Franco Mottola nel corso di una lite familiare, ndr)». Il pm elenca tutti i dati scientifici che sostengono questa «piena compatibilità» e invita i giudici a «un macabro esperimento», provare a incastrare il calco del cranio di Serena ricostruito in 3D con la frattura nel panello della porta. Anche le altre analisi sui frammenti di legno, le tracce di colla e vernice rinvenute sul nastro adesivo con cui è stata imbavagliata e legata Serena e nei suoi capelli sono, secondo l’accusa, univoche nel far ritenere che «l’omicidio è avvenuto all’interno della caserma» e che «la porta è l’arma del delitto oltre ogni ragionevole dubbio».

«Serena — è la ricostruzione della procura — dopo il dentista a Sora salì nella Y10 bianca di Marco Mottola per un passaggio, si fermò al bar dove fu vista litigare con lui e poi in piazza ad Arce. Si presentò quindi in caserma per riprendere i libri che aveva lasciato sulla vettura e qui fu aggredita». Il movente dell’omicidio sarebbe proprio in quel litigio «anche se non ne conosciamo il contenuto, ma sicuramente non quello sentimentale, dato che Serena era fidanzata e che con Marco non c’era nulla».

Il padre di Serena, Guglielmo, ha sempre sostenuto che la figlia volesse denunciare Mottola jr per la sua nota attività di spacciatore, nella quale godeva della immunità garantita dal ruolo del padre (come ribadito da più testimoni). Una ipotesi ripresa anche dal pm, rilanciando una vecchia testimonianza dell’uomo, il quale ricordò come la figlia avesse discusso anche con il maresciallo Mottola proprio su questo punto. Serena e Marco furono visti litigare anche la sera prima della sua scomparsa.

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