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La Procura di Roma impugna la sentenza di assoluzione, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, del bidello di 66 anni che in un istituto scolastico della Capitale era accusato di violenza sessuale per avere molestato una studentessa.

Per il tribunale l’azione è avvenuta, durata tra i “5 e i 10 secondi” così come ha denunciato la vittima, ma manca l’elemento soggettivo del reato: la volontà da parte del bidello di molestare la minorenne. Nell’impugnazione i pm scrivono che la sentenza “si presta a censura essendo incorsa in errore nella valutazione delle prove acquisite, nella ricostruzione del fatto contestato e nella valutazione circa la sussistenza dell’elemento soggettivo”.

Per i magistrati della Procura “sul punto relativo alla sussistenza dell’elemento soggettivo che il Tribunale, ad avviso dell’appellante, incorre in errore, ritenendo che ‘la repentinità’ dell’azione, senza alcuna insistenza nel toccamento, da considerarsi quasi uno sfioramento'”. Per la Procura “nell’intento di argomentare ‘insussistenza’ del dolo richiesto dalla norma incriminatrice, il Tribunale travisa la ricostruzione del fatto stesso, che invero poco prima aveva effettuato sposando in toto la narrazione della parte lesa e dell’amica che aveva assistito alla condotta.

foto crediti romatoday

 

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