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Sara Pedri è la ginecologa forlivese di 31 anni scomparsa il 4 marzo scorso, in servizio nel reparto guidato dall’ex primario dott. Saverio Tateo.

«L’esperienza a Trento che doveva essere formativa, ma che purtroppo ha generato in me un profondo stato d’ansia — si legge in alcuni appunti ritrovati nella casa dove Sara si era stabilita a Cles — a causa del quale sono completamente bloccata e non posso proseguire. È una situazione più grande di me».

A luglio il trasferimento ad altro incarico deciso dall’Azienda sanitaria trentina e ora, come riferito anche dal quotidiano «l’Adige», il licenziamento in tronco richiesto dalla Commissione di disciplina della stessa, che dovrà essere sottoposto al parere vincolante del Comitato dei garanti.

Un procedimento disciplinare emanato a carico del medico (e del suo braccio destro, la dirigente Liliana Mereu).

«Turni di lavoro massacranti, abusi di potere, minacce continue». Questo è il racconto fatto da Sara alla sorella Emanuela della sua quotidianità in quell’ospedale. La ragazza era entrata da poco in servizio nell’Azienda sanitaria trentina lo scorso novembre, dopo aver conseguito la specializzazione a Catanzaro dove aveva anche conosciuto il suo fidanzato. Ma pochi mesi dopo, presentava già un profondo malessere. Al punto tale, che a febbraio scorso, era rientrata a Forlì dalla famiglia per una settimana, e il suo medico di famiglia, le aveva redatto un certificato di malattia che indicava «calo ponderale per stress da lavoro». Poi, il rientro in Trentino, la presentazione delle dimissioni («Mi sono tolta un peso importante», aveva rivelato alla sorella) e il giorno successivo è avvenuta la sua scomparsa.

L’auto di Sara, con il suo cellulare all’interno, è stata subito rinvenuta vicino al ponte di Mostizzolo sul torrente Noce, al confine tra i Comuni di Cis e di Cles, ma le operazioni di ricerca che sono state condotte, dalle Forze dell’ordine, non hanno portato al suo ritrovamento.

La famiglia intervenuta a «Chi l’ha visto?» alcuni mesi fa, sosteneva che Sara abbia lavorato in un clima di terrore. Come asseriscono pure altre persone che lavorano nella stessa unità lavorativa.

E negli ultimi anni, si è scoperto che sono andate via ben 62 persone.

E allora l’Azienda sanitaria, ha voluto vederci chiaro, una volta che è stata investita dalle accuse di mobbing, istituendo una commissione d’inchiesta interna per fare chiarezza sulle condizioni di lavoro in cui versava la giovane ragazza scomparsa.

La commissione interna all’Azienda sanitaria trentina, dopo aver sentito oltre 110 persone, ha disposto il trasferimento dei due dirigenti «fatti oggettivi e una situazione di reparto critica». Una «diagnosi» evidentemente confermata dal procedimento disciplinare attivato nei confronti dei due medici, la cui conclusione, per Tateo, è quella della non prosecuzione del rapporto di lavoro.

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