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Lette per la prima volta dopo sette secoli le scritture ‘fantasma’ che si celano sotto il testo della Divina Commedia nel manoscritto ‘1084’ della Biblioteca Trivulziana di Milano, utili a ricostruire l’origine del codice, probabilmente legato alla città di Napoli.

“Oltre la metà dei 248 fogli che compongono il manoscritto sono palinsesti, ossia sono stati precedentemente scritti, cancellati e poi riscritti”, spiega all’Ansa la professoressa Marta Mangini, paleografa.

“Finora sapevamo solo che nella prima metà del Quattrocento il codice era passato per le mani di un umanista e cancelliere della Repubblica di Genova, Giorgio De Via, e che successivamente era stato acquistato da Galeazzo Crivelli, il primo a portare la stampa a Milano”,  aggiunge Giacomo Vignodelli, dell’Università degli studi di Milano.

“Abbiamo scoperto che la maggior parte dei fogli palinsesti proviene da atti notarili e documenti di cancelleria redatti nel Trecento a Napoli, materiale prezioso anche per recuperare testimonianze storiche per un’area (il Regno di Napoli) e un periodo (XIV secolo) la cui conservazione è stata gravemente compromessa dagli eventi della Seconda Guerra Mondiale che hanno interessato la parte più antica e preziosa della documentazione dell’Archivio di Stato di Napoli”, sottolinea la professoressa Mangini.

“I restanti fogli palinsesti del codice – prosegue Vignodelli – derivano invece da materiale librario tra cui opere letterarie scritte in antico francese che rimandano alla corte angioina di Napoli”.

Questi indizi lasciano, dunque, presupporre che il codice dantesco potrebbe essere stato scritto a Napoli o che forse i fogli ‘riciclati’ e pronti per il riutilizzo siano stati portati da Napoli a Genova, due città che affacciano sul mare, collegate tra di loro da intensi scambi commerciali.

 

 

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