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La depressione è una grave patologia che colpisce oltre 3 milioni di persone-  Questa malattia è fortemente stigmatizzata, difficilmente riconosciuta e spesso affrontata con strumenti inappropriati. A soffrirne soprattutto le donne. In Italia, ad esempio, sono 2 milioni di pazienti su 3 donne. 

In occasione della Giornata internazionale della Donna, che si celebra l’8 marzo, occorre far luce sulla depressione di genere, soprattutto viste le gravi conseguenze che la pandemia sta comportando per il sesso femminile.

DEPRESSIONE DI GENERE: UN FARDELLO SENZA TEMPO

La depressione maggiore, la forma più grave della malattia, si manifesta il doppio delle volte nelle donne rispetto agli uomini, la distimia il triplo. Da studi epidemiologici recenti, emergono che ci sono, due momenti della vita femminile in cui è possibile che si manifestino sintomi depressivi e che gli uomini non dovranno mai affrontare: il menarca e il ciclo mestruale (che può coincidere con la sindrome disforica premestruale – 1,5/2% delle donne colpite) e il parto (fra il 7 e il 12% delle neomamme soffrono di depressione post-partum).

“Durante la pandemia da Covid, accanto allo stress ingenerato dalle preoccupazioni economiche e sociali, si è avuto lo stress legato alla paura della malattia per sé e per i propri cari, ai lutti non elaborati, al cambiamento radicale degli stili di vita, al distanziamento sociale. Abbiamo quindi assistito progressivamente al costituirsi di quella che può essere definita una sorta di ‘tempesta perfetta’ per l’incremento di ansia e depressione, che, come tutti gli studi epidemiologici sottolineano, ha determinato un incremento fino a tre volte superiore d’incidenza dei disturbi depressivi e dell’ansia”. La Dott.ssa Emi Bondi,Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo afferma anche che “Particolarmente colpite da questa situazione sono state le donne, che come sappiamo, si ammalano fino a due volte di più degli uomini. Una vulnerabilità, quella femminile, legata sicuramente a fattori biologici, ma anche a fattori sociali, connessi allo stress legato al sovraccarico lavorativo ed emotivo che spesso sono chiamate ad affrontare, nel ruolo di lavoratrici, ma contemporaneamente di madri e di care giver dei famigliari. Il lockdown con i suoi radicali cambiamenti di vita ha comportato per molte donne un incremento importante di impegno, perché spesso l’attività lavorativa, soprattutto con lo smartworking, ha dovuto convivere con la gestione dei figli, la gestione della casa e l’accudimento dei famigliari anziani e malati”.

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