Alla Rsa San Raffaele di Campi Salentina, in provincia di Lecce, gli operatori della struttura,casa di riposo per anziani, sulla scia del fenomeno Barbie, hanno regalato bambole a un gruppo di pazienti con Alzheimer.
“Il risultato è stato davvero sorprendente, – spiega Irene Patruno, l’educatrice professionale della residenza, – come se avessero riallacciato le fila del tempo”. “Le pazienti che hanno scelto Barbie, sempre diffidenti nel corso delle sedute precedenti, – aggiunge Patruno – avevano senza dubbio un trascorso personale legato a questa bambola tant’è che hanno preso a rapportarcisi come se non avessero mai smesso di farlo, improvvisando acconciature, cambi d’abito e dialoghi forse mai davvero dimenticati”.
Questo è avvenuto grazie a un laboratorio chiamato Doll Therapy, che è nato all’interno della terapia del giocattolo, e che si era già diffuso, negli anni ’80 circa in America e in Australia, e che prevede l’utilizzo di una bambola da parte di pazienti da maneggiare e accudire: un po’ come avviene con gli animali domestici. In modo tale da favorirne anche sentimenti positivi, sicurezza e serenità, riducendo al contempo stesso quelli che invece sono i sentimenti negativi come ad esempio l’irritabilità.
“La Doll therapy, o terapia della bambola, rientra nei cosiddetti interventi non farmacologici utilizzati nel trattamento delle demenze – spiega la dottoressa Maria Giovanna Pezzuto, psicologa della Rsa salentina, – il contatto visivo e corporeo, la manipolazione tattile e il dialogo con la bambola possono stimolare i processi cognitivi e la memoria, facilitare il dialogo, la capacità relazionale, il rilassamento e i processi emozionali, diminuire i disturbi comportamentali e del sonno, l’irritabilità e il senso di depressione”.
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