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La Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del giudice Luca Fadda, che nell’aprile 2017 aveva condannato l’Inail a riconoscere una rendita da malattia professionale all’ex tecnico della Telecom per l’uso “abnorme” del telefonino, dovuto al suo lavoro, nel periodo 1995-2010.

E nelle motivazioni della sentenza, emessa lo scorso 3 dicembre, il collegio ribadisce anche i sospetti sull’imparzialità di alcuni studi ‘tranquillizzanti’: “Buona parte della letteratura scientifica che esclude la cancerogenicità dell’esposizione a radiofrequenze (…) versa in posizione di conflitto d’interessi, peraltro non sempre dichiarato”, scrivono i giudici della sezione Lavoro Rita Mancuso, Caterina Baisi e Silvia Casarino, sulla base delle conclusioni dei consulenti Carolina Marino e Angelo D’Errico, nominati per rianalizzare il materiale probatorio già soppesato dal ctu del giudice di Ivrea, Maurizio Crosignani.

L’annuncio della decisione in Appello è stato comunicato dagli avvocati Renato Ambrosio e Stefano Bertone, che per lo studio legale torinese Ambrosio e Commodo seguono da tempo la vicenda di Roberto Romeo, ex dipendente di Telecom Italia che lavorava come responsabile di una squadra di tecnici, incaricata di riparare i guasti sulla rete telefonica. Nel 2017 aveva spiegato che durante i turni di lavoro facendo un uso continuativo del cellulare per coordinare il suo gruppo di lavoro, era costretto a stare tra le 4 e le 5 ore al telefono ogni giorno, per circa 15 anni.

Romeo aveva raccontato di essersi accorto di avere qualche problema all’udito, trattato poi con terapie che si erano rivelate inefficaci, fino a quando gli era stato diagnosticato un neurinoma, un tumore benigno del nervo acustico, uno dei più frequenti tra quelli intracranici e le cui cause sono ancora sconosciute. Romeo era stato operato per rimuovere il neurinoma, con conseguente perdita dell’udito da un lato.

Dopo l’intervento, Romeo aveva fatto causa all’INAIL, che non gli aveva riconosciuto una malattia professionale. Una perizia e un accertamento tecnico, deciso dal tribunale, avevano poi portato al processo in primo grado, con l’intervento di 15 testimoni per confermare le condizioni lavorative dell’dipendente. Sulla base delle testimonianze e delle perizie, il tribunale del lavoro di Ivrea aveva infine stabilito che il neurinoma fosse stato causato da un “uso prolungato” del cellulare, riconoscendo a Romeo un’invalidità del 23 per cento, determinando quindi l’erogazione di una pensione INAIL aggiuntiva di circa 6mila euro l’anno.

L’INAIL era ricorsa dunque in Appello e ora, con la decisione dei giudici di Torino, la sentenza è stata confermata. “Speriamo che la sentenza spinga a una campagna di sensibilizzazione, che in Italia non c’è ancora”, afferma l’avvocato Stefano Bertone.
“Come studio – aggiunge – abbiamo aperto il sito neurinomi.info, dove gli utenti possono trovare anche consigli sull’utilizzo corretto del telefonino”.

“Non voglio demonizzare l’uso del telefonino, ma credo sia necessario farne un uso consapevole”, afferma Romeo.

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