Filippo Turetta aveva installato un’app sul telefono della povera Giulia Cecchettin per poterla spiare. Aveva pianificato e premeditato ogni cosa, anche la fuga “almeno dal 7 novembre”, 4 giorni prima dell’omicidio.
È quanto emerge dall’atto di accusa che i pm di Venezia hanno notificato ieri all’indagato, e nel quale viene contestata la crudeltà “chiaramente eccedente l’intento omicida”. Giulia, ricordano infatti i magistrati, è stata uccisa con 75 coltellate, di cui una ventina alle mani mentre cercava di difendersi, e fu colpita più volte anche al volto.
La giovane, secondo la procura, fu accoltellata anche all’interno dell’autovettura sui sedili posteriori, quando già si stava dissanguando, dopo che l’ex fidanzato l’aveva già colpita con un fendente letale, mentre lei stava tentando di fuggire nella zona industriale di Fossò. È l’ipotesi sulla dinamica della morte che emerge dalle analisi medico-legali e scientifiche.
Le accuse contestate dalla procura di Venezia sono di omicidio volontario pluriaggravato anche dalla premeditazione e dalla crudeltà, possesso del coltello, sequestro di persona e occultamento di cadavere, ma anche stalking. Si va quindi al processo per il quale Turetta, a causa del cambio dell’imputazione da omicidio volontario a premeditato, non potrà chiedere il rito abbreviato. Lo ha spiegato il procuratore di Venezia Bruno Cherchi. Per la fissazione dell’udienza preliminare, ha aggiunto il procuratore, “ci saranno i tempi tecnici necessari alla difesa per controllare, vedere, compulsare il fascicolo processuale, che è rilevante. Ci sono tutte le consulenze che dovranno essere valutate, anche se sono state fatte con la partecipazione della difesa fin dall’inizio. Fatto questo – ha detto – penso che i tempi saranno brevi”.