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A soli 34 anni, la ricercatrice italiana Francesca Sacco dell’Università Tor Vergata di Roma ha scoperto un possibile nuovo bersaglio per la cura al diabete di tipo 2, la forma più comune della malattia. “Con la ricerca sui topi sani e malati, ho notato che è centrale il ruolo della proteina GSK3 – dice all’Adnkronos -. Abbiamo visto che nel pancreas dei topi diabetici è praticamente sempre accesa, mentre in quelli sani è spenta. Abbiamo scoperto che il GSK3 controlla la produzione di insulina da parte del pancreas. Se è sempre acceso come nei topi diabetici non è in grado di produrla”.

Arrivata a tale scoperta grazie alla sua esperienza avuta all’estero: la tecnologia della proteomica, utilizzata nel prestigioso laboratorio Max Planck di Biochimica a Monaco, dove ha lavorato per cinque anni con il Professor Matthias Mann. “Abbiamo usato, allora, un inibitore per vedere se, bloccando l’attività di GSK3, riuscivamo a ripristinare la normale abilità di questi pancreas nel produrre insulina”. Il risultato? “I pancreas dei topi diabetici, trattati con questa molecola, sono di nuovo in grado di produrre insulina” spiega con grandissimo entusiasmo la ricercatrice, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Cell Metabolism. “Questi sono ancora studi preliminari, fatti sui topi. Da qui ad arrivare a una cura ci sono ancora tanti passi da fare”. Tornata in Italia nel settembre del 2017, grazie alla borsa di studio ‘L’Oréal Italia per le donne e la scienza’, la biologa ha cominciato a lavorare all’ateneo capitolino di Tor Vergata.

Qualche mese dopo è arrivato il reclutamento per Giovani Ricercatori ‘Rita Levi Montalcini’ del MIUR che le ha offerto la possibilità di diventare ricercatore. Oggi, grazie a un finanziamento AIRC Grant Start-Up, conduce un gruppo di ricerca per lo studio della resistenza alla chemioterapia di leucemie mieloidi acute, usando la tecnologia della proteomica. L’assurdo è che, per ora, il suo studio sul diabete è fermo perché non ci sono fondi. “Allo stato attuale non ho un finanziamento per continuare la ricerca sul diabete, ma combatto per trovare uno ‘sponsor’ – conclude – . C’è tutta l’intenzione di continuare a perseguire questa strada, però, come al solito ci vogliono i soldi. Io, comunque, non mi arrendo”.

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