E’ morto a Roma, all’età di 84 anni, l’attore Paolo Villaggio. Era ricoverato da giorni in una clinica privata.
“Ciao papà, ora sei di nuovo libero di volare”: con un post su Facebook, poche parole ed un cuoricino, Elisabetta Villaggio saluta così il suo amato papà.
Il messaggio è accompagnato da una foto in bianco e nero che ritrae Paolo Villaggio da giovane insieme ai figli.
Nato il 30 dicembre 1932 da padre siciliano e madre veneziana, Villaggio non è stato solo attore, ma anche scrittore, autore e istrione tra radio e televisione.
Durante gli anni della gioventù, gli studi in legge, le incursioni nel cabaret e nel teatro amatoriale ne ha fatte veramente tante. Poi le vacanze con gli amici, primo fra tutti Fabrizio De André lo hanno portato ad intraprendere una strada molto lunga e impegnativa nel mondo del cinema, del teatro, della radio e della televisione.
De Andrè ad esempio, lo spinse anche a suonare e cantare.
Ma il suo esordio nel mondo dello spettacolo coincide con il testo della ballata “Re Carlo tornava dalla guerra” che fece notare De André anche per l’accusa di turpiloquio scagliata da un procuratore siciliano.
All’inizio degli anni ’60 Paolo Villaggio va a lavorare in fabbrica (una delle maggiori aziende europee di impiantistica), ma qui si rendono subito conto della simpatia, esuberanza e lo mettono a organizzare feste aziendali.
Villaggio fa il suo tirocinio con la compagnia goliardica Baistrocchi in cui si esibisce in esilaranti numeri da cabaret che gli serviranno poi per maschere come il travet timido, l’imbonitore aggressivo, l’eterno sconfitto.
Ma la notorietà arriva grazie al Derby di Milano, Maurizio Costanzo che lo porta a Roma, lo fa debuttare a teatro, imponendolo anche in radio e televisione.
Villaggio arriva in tv, a “Quelli della domenica” (dove debuttano i suoi personaggi: il Professor Kranz e il nevrotico Fracchia), a “Canzonissima” e “Gran Varietà”.
Tra i suoi compagni di strada degli anni ’60 troviamo Enrico Vaime, Cochi e Renato, Gianni Agus, Ric e Gian. Nel ’68 debutta al cinema con il misconosciuto “Eat it!”.
Negli anni ’70 è poi la volta del mitico ragionier Ugo Fantozzi (un travolgente successo in libreria) e poi della sua versione cinematografica che si concretizza nel 1974 per la regia di Luciano Salce e la produzione Rizzoli in 10 capitoli della saga.
Nel frattempo Villaggio è diventato un “nome” cinematografico alternando incursioni d’autore (con Monicelli per “Brancaleone alla crociate”, con Gassman che ne fa la sua spalla preferita, con Pupi Avati all’esordio, e con Nanni Loy) e grandi successi di cassetta che si ripeteranno per tutto il decennio successivo, quasi sempre con la complicità di Salce, Sergio Corbucci, Neri Parenti.
La sua comicità mischia ironia surreale e satira reale in un costante passare da Cechov alle comiche del muto, dall’osservazione sociale al teatro dell’assurdo. Federico Fellini gli dedicherà il suo ultimo film, “La voce della luna” in coppia con Benigni, Giorgio Strehler che lo porterà a teatro con “L’avaro”, Ermanno Olmi (“La leggenda del bosco vecchio” da Buzzati), Lina Wertmuller (“Io speriamo che me la cavo”), il veterano Monicelli (“Cari fottutissimi amici”), Gabriele Salvatores (“Denti”).
Nel 1992, in occasione della 49ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, l’attore Paolo Villaggio riceve il Leone d’oro alla carriera. Nell’agosto del 2000 gli viene assegnato anche, al Festival del cinema di Locarno il Pardo d’onore alla carriera.