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Gli anziani dormono poco, ma la situazione può peggiorare se vivono in case di riposo.

L’insonnia è una condizione che, anche nell’età senile, si può ripercuotere sulle condizioni generali del soggetto che ne è colpito, in quanto il riposo è fondamentale per il benessere psico-fisico del nostro organismo. Sopra i 65 anni sono sufficienti 5 ore a notte per il benessere del nostro organismo. Tuttavia, come detto, parte della popolazione anziana tende a soffrire di problemi di insonnia, soprattutto in determinate situazioni giornaliere.

Per valutare in modo soggettivo il sonno è stata fatta una osservazione su anziani con deficit cognitivi. Da qui si è scoperto che valutando 2 strumenti: lo Strumento di valutazione soggettiva del sonno (SEST) e l’Indice di qualità del sonno di Pittsburgh (IQSP), nessuno dei 2 è stato considerato valido nella popolazione presa in esame.

Pertanto, successivamente, sono stati valutati diversi interventi per indurre il sonno: ad esempio, le modifiche dell’ambiente, la riduzione delle attività infermieristiche notturne, la promozione dell’esercizio e dell’attività diurna, l’uso della terapia con la luce, del- l’aromaterapia, della somministrazione di valeriana, melatonina, farmaci o interventi multidisciplinari.

Ed ecco che allora si è scoperto che alcune caratteristiche dell’ambiente della RSA o della casa di riposo, come la luce, il rumore e il disturbo dei compagni di stanza, possono avere un impatto negativo sul sonno degli anziani.

Abbassando la luce e riducendo sono metodi molto efficaci per favorire il sonno.

Lo studio in questione ha scoperto che abbassare la luce può aiutare a mantenere i ritmi circadiani e indurre il personale a mantenere un ambiente silenzioso di notte. Per ridurre il rumore i ricercatori raccomandavano di far usare le cuffie a chi voleva guardare la televisione di notte, abbassare il volume delle sveglie, del telefono ed evitare di utilizzare di notte i macchinari per la pulizia.

Ebbene, l’assistenza infermieristica notturna può avere un effetto negativo sul sonno degli ospiti in casa di riposo. Due studi hanno valutato l’efficacia di piani individualizzati per ridurre il numero di risvegli causati dagli interventi di assistenza.
In studi separati si è infine scoperto che i programmi assistenziali individualizzati, che valutavano la mobilità e il rischio di lesioni da decubito o che prevedevano i controlli in orari stabiliti e gli interventi solo quando il soggetto era sveglio, miglioravano significativamente la durata del sonno.

Non si può dire lo stesso dell’attività fisica. In quanto su una parte ha funzionato e su un’altra no.

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