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Le cellule della leucemia mieloide acuta possono si è scoperto che possono sfuggire al sistema immunitario di chi le ha dopo il trapianto di midollo grazie ad alcuni espedienti. Una nuova ricerca, tutta italiana, rivela infatti che è riuscita a scoprirli e può vantare nuove speranze di cura per evitare il ritorno del tumore.

La scoperta, pubblicata su Nature Medicine e Nature Communications, è stata eseguita da un gruppo di ricerca dell’Irccs, Ospedale San Raffaele di Milano. I ricercatori hanno studiato questo processo analizzando le cellule tumorali e i ‘linfociti T’ che cercano di sconfiggerle, prima e dopo la terapia.

Negli studi, realizzati grazie ai fondi offerti dall’Airc e dal ministero della Salute, i ricercatori hanno dimostrato che esistono due nuove soluzioni, trovate proprio dalle cellule del tumore per resistere, che, da un lato riducono l’espressione delle molecole HLA sulla superficie, silenziando i loro geni e nascondendosi così al ‘pattugliamento dei linfociti; dall’altro aumentano la presenza di alcuni recettori immunosoppressori che segnalano ai linfociti di frenare la loro attività fino a inattivare la risposta immunitaria. Già nel 2009 gli stessi ricercatori avevano scoperto che a volte a salvare le cellule leucemiche è una mutazione genetica del Dna, che cambia alcune molecole presenti sulla loro superficie e le rende più simili (e quindi invisibili) alle cellule del sistema immunitario trapiantato.

«Comprendere, caso per caso, quale meccanismo dà origine alla recidiva permetterà di classificare meglio i pazienti e dare loro un trattamento specifico – spiega Luca Vago, l’autore principale dello studio insieme a Chiara Bonini e Fabio Ciceri -. L’obiettivo è un approccio personalizzato alle recidive, che permetterà di migliorare gli esiti non grazie a nuove opzioni terapeutiche, ma trovando un nuovo razionale per le terapie già disponibili». Tutte queste strategie hanno già delle contromisure disponibili. In caso di mutazione genetica serve un altro trapianto di midollo con un donatore diverso. Nel caso in cui le molecole di riconoscimento HLA vengano espresse troppo poco, si può creare uno stato infiammatorio controllato e alzare così il livello di interferone nel sangue, una molecola che promuove l’espressione di queste molecole. Nel secondo caso invece, quando l’attività dei linfociti T è stata spenta dal tumore, si possono somministrare gli inibitori dei checkpoint immunitari, farmaci che sbloccano i freni dei linfociti T e attivano nuovamente la risposta immune.

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