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Durante il primo lock down il 20% dei Centri di salute mentale è stato chiuso. E il 25% ha ridotto gli orari di accesso. A sottolinearlo sono i dati di uno studio condotto dalla Società Italiana di Psichiatria (SIP) pubblicato su Bmc Psychiatry e presentato in occasione dell’inaugurazione della prima conferenza italiana dei Direttori di DSM.

La rete nasce per far fronte alle difficoltà di funzionamento di servizi indispensabili che da tempo sono messi a dura prova dalla carenza di personale e dall’esiguità delle risorse messe a loro disposizione nel nostro paese. Le visite psichiatriche programmate, a domicilio e in studio, sono state garantite solo per i pazienti più gravi, spesso sostituite da colloqui a distanza. Tutte le attività hanno avuto una significativa diminuzione, come i consulti psichiatrici ospedalieri (-30%), le psicoterapie individuali (-60%), le psicoterapie di gruppo e gli interventi psicosociali (-90/95%), il monitoraggio di casi in strutture residenziali (-40%) e degli autori di reato affetti da disturbi mentali affidati dai tribunali ai Centri di salute mentale (-45%). Si è registrata come nelle altre discipline mediche una riduzione complessiva dei ricoveri (-87%).

I disturbi dell’umore, le psicosi, i disturbi d’ansia e i tentativi di suicidio sono i problemi più frequenti di consulenza psichiatrica e il 21,4% dei reparti segnala un preoccupante aumento dell’aggressività, della violenza e dei ricoveri in TSO (8,6% dei casi).

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