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“La sciatica, non è una patologia ma un sintomo che esprime l’infiammazione dello sciatico, il nervo più lungo del corpo umano. Questo comprende alcune fibre nervose degli ultimi due nervi spinali lombari (L4 e L5) e dei primi tre nervi spinali sacrali (S1, S2, S3). Nasce, quindi, nel midollo spinale, transita nel gluteo e nella parte posteriore della coscia fino a raggiungere il piede», spiega Paolo Gaetani, responsabile dell’unità operativa di chirurgia vertebrale all’Istituto di cura Città di Pavia – Gruppo San Donato e co-autore de Il grande libro del mal di schiena (Bur).

La sciatalgia, non è altro che la spia di una condizione o di una malattia che irritano o comprimono il nervo in questione.

«Questo disturbo può essere causato da una protrusione discale. Si tratta di una deformazione dello strato più esterno di un disco intervertebrale che, spesso a causa dell’invecchiamento, si sposta dalla sua sede naturale e comprime i nervi spinali, tra i quali anche lo sciatico», continua Gaetani. In molti casi questa discopatia rappresenta il preludio di un’ernia, caratterizzata dal deterioramento del disco e dalla conseguente fuoriuscita della sostanza gelatinosa (nucleo polposo) contenuta al suo interno, che va a invadere lo spazio circostante e a «schiacciare» le radici nervose. Se ciò avviene nella zona lombare della colonna vertebrale, ecco che può insorgere la sciatalgia. «Questa condizione dolorosa, però, può essere determinata anche da una stenosi spinale, che è il restringimento del canale vertebrale nel quale decorrono le radici spinali, e da una spondilolistesi, contraddistinta da uno scivolamento in avanti di una vertebra rispetto a quella sottostante. Entrambe le patologie possono, in maniera diversa, comportare una compressione del nervo sciatico e accendere il dolore», prosegue il neurochirurgo.

La sciatica, ha origine, il più delle volte a seguito di problematiche di natura non spinale, come avviene nel caso della sindrome del piriforme, un piccolo muscolo che parte dalla superficie interna dell’osso sacro e si connette ai due lati del femore. Se questo è coinvolto in un trauma o è contratto a causa di sforzi fisici prolungati, anche il nervo sciatico può andarci di mezzo e infiammarsi, visto che il piriforme lo ospita nelle proprie fibre. Infine, altra causa è da attribuire ad un affaticamento delle fasce muscolari di gambe e glutei, che può indirettamente provocare pressione sui nervi lombari, o cadute o colpi violenti alla colonna, che possono causare fratture vertebrali e danneggiare le radici nervose spinali.

Quando il nervo sciatico è sollecitato da una pressione anomala si avverte un dolore acuto, che nasce sempre nella zona lombare, scende verso il gluteo e si estende in maniera variabile a seconda della radice interessata (L4, L5, S1, S2, S3). «Si può irradiare, infatti, o lungo l’arto inferiore lateralmente, passando poi per la tibia, o posteriormente, transitando dietro la coscia e per il polpaccio, arrivando fin sotto al piede», precisa Gaetani. Questa condizione dolorosa, che viene spesso descritta come una «scossa elettrica» ed è presente sia a riposo sia durante il movimento, è talvolta accompagnata da una sensazione di bruciore e intorpidimento, formicolio, debolezza dei muscoli della gamba e della caviglia. Raccogliendo informazioni in merito a questa sintomatologia, il medico può già farsi un’idea dell’entità del disturbo che, tuttavia, deve essere confermata da una serie di indagini strumentali.

Diagnosi della sciatica
«Esami che solitamente vengono prescritti sono la risonanza magnetica o la Tac, che esplorano le radici dei nervi e, di conseguenza, possono dimostrare quali sono le patologie che provocano l’infiammazione del nervo sciatico», spiega il neurochirurgo. «A volte lo specialista richiede anche la radiografia per verificare la presenza di malformazioni del rachide o listesi».

Manovre manuali la diagnosi della sciatica
In alcuni casi il medico ricorre a dei testi mirati di natura manuale. Con la manovra di Lasègue, ad esempio, al paziente, che si trova in posizione supina, viene chiesto di sollevare verso l’alto la gamba estesa e dolente, con la caviglia e il collo flessi. Se le fitte si accentuano quando l’arto in esame è flesso tra i 30 e i 70 gradi, allora con ogni probabilità il nervo sciatico è coinvolto nel processo doloroso. Il medico può servirsi del segno di Wasserman: dopo aver fatto accomodare il paziente in posizione prona, afferrare la gamba fino a formare un angolo di 90 gradi e flettere verso la testa. Anche in questo caso la comparsa di dolore è indicativa di un’irritazione delle radici nervose.

I farmaci consigliati
Nella maggior parte dei casi la sciatalgia tende a risolversi senza ricorrere alla chirurgia, ma occorre avere pazienza perché per la guarigione può richiedere dalle sei-otto settimane. «Secondo le linee guida internazionali, la terapia della sciatalgia, indipendentemente dalla patologia che l’ha scatenata, dovrebbe prevedere inizialmente l’assunzione sistemica di farmaci antinfiammatori non steroidei, ad esempio a base di ibuprofene e acido acetilsalicilico, in grado sia di combattere l’infiammazione sia di attenuare la sintomatologia», spiega ancora lo specialista. Talvolta questi vengono prescritti in associazione a miorilassanti locali o orali, che favoriscono il rilassamento della muscolatura e inibiscono la sensazione dolorosa. «Se dopo otto-dieci giorni questi medicinali non hanno sortito alcun effetto e l’entità del dolore è rimasta invariata, si può ricorrere ai farmaci corticosteroidi, per bocca o tramite iniezioni intramuscolaria», aggiunge ancora l’esperto. «Il medico stabilisce dose e durata di questa terapia caso per caso, poiché da questi dipendono gli eventuali effetti collaterali del cortisone, come gonfiore, disturbi gastrointestinali e cefalea».

L’intervento chirurgico
Tuttavia, con sintomi molto più severi, tanto da non rispondere ai trattamenti conservativi, lo specialista può suggerire l’intervento chirurgico, che varia a seconda della condizione o della malattia presenti.

Riposo nella fase acuta
Quando il dolore è esploso da poco e ha già raggiunto il suo picco bisogna assolutamente evitare di praticare attività fisica. «Gli sport, soprattutto quelli che prevedono corsa, torsioni e repentini cambi di direzione come il tennis, il calcio e il golf, potrebbero aggravare l’infiammazione in corso, favorendone la cronicizzazione», avverte lo specialista.

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