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Sono “Almeno un milione i ricoveri rimandanti per pandemia in quattro mesi, tra cui oltre mezzo milione per interventi chirurgici non urgenti, che vanno dalla protesi d’anca all’ernia del disco, passando per la chirurgia dermatologica”. Con “pesanti ricadute sulle liste d’attesa per tutto il 2020 e oltre”. A spiegarlo all’ANSA, Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di Roma.

Tutte le attività che gli ospedali fanno in maniera programmata in questi mesi sono spostate al 100%, sia per conguagliare risorse nei reparti Covid che per proteggere pazienti e sanitari con il distanziamento sociale necessario ad arginare la diffusione del virus.

“Questo però significa che ci troveremo a fine pandemia, si spera entro giugno, a dover recuperare tutta una serie di interventi. Per calcolare effetti basta capire quanti Drg chirurgici si fanno in quattro mesi e che sono stati sospesi. In base al Rapporto sulle Schede di dimissioni ospedaliere del 2017 (ultimo dato disponibile), ogni mese in Italia – spiega all’ANSA l’esperto – ci sono circa 673.000 ricoveri per acuti (ovvero escluse riabilitazioni e lungodegenze). Considerando che la metà di questi sono differibili (mentre l’altra metà sono urgenti e vengono garantiti), nei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno salteranno circa un milione di ricoveri in Italia, di cui almeno 510.000 per interventi chirurgici e il restante per terapie e trattamenti farmacologici ospedalieri”. Tanti ne andranno spostati al dopo fine emergenza sanitaria e andranno sommati a quelli che ci sarebbero normalmente.
E non soltanto. Spostate anche visite sanitarie.

Tanti pazienti oncologici, caridopatici, diabetici, dovranno dire no ai controlli abituali e attendere data nuova di appuntamento che al momento non si sa ancora a quando.

“Dopo giugno si spera un ritorno progressivo alla normalità a livello di organizzazione sanitaria, ma anche quella sarà una fase lunga e difficile. Questo significa – conclude Cicchetti – che nei mesi successivi alla fine della pandemia avremo una grande pressione sull’attività ospedaliera, che vedrà come minimo raddoppiare o triplicare i tempi delle liste d’attesa. E la coda in termini organizzativi si protrarrà per tutto il 2020 e anche oltre”.

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