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Durante la pandemia il craving, che indica il desiderio improvviso e incontrollabile di assumere cibo, è diventato consuetudine in molte famiglie. Infatti, il 41% degli intervistati lo indica come principale causa del proprio aumento di peso nel periodo del lockdown. Del resto, tutti hanno consumato più zuccheri e carboidrati, gli italiani che hanno fatto, per la prima volta o più spesso pane e pizza fatti in casa sono aumentati del 59%.

Il nutrizionista Nicola Sorrentino, direttore della Iulm Food Academy spiega a Repubblica che questo disturbo “È un irrefrenabile desiderio di cibo. Bisogna, però distinguere la fame, dalla voglia irresistibile di mangiare cibo poco salutare”

“Mangiare è spesso un atto indipendente dallo stimolo della fame, che molte volte ha più a che fare con bisogni psicologici ed emotivi che con quelli dello stomaco”.

si mangia soltanto perché lo stomaco reclama ma anche per colmare dei vuoti affettivi. “È stato dimostrato che assumendo i nostri cibi preferiti – prosegue Sorrentino – produciamo endorfine, neurotrasmettitori che migliorano l’umore. La noradrenalina stimola l’assunzione del cibo, la serotonina da buonumore e sazietà, la dopamina regola l’equilibrio tra soddisfazione e desiderio di cibo. Gli alimenti ricchi di grassi aumentano la produzione di dopamina, quelli ricchi di zuccheri stimolano la produzione di serotonina”.

Quali danni può provocare il craving?

Il craving può danneggiarci anche in altri modi. “Esistono alimenti ‘buoni’ per il cervello ed altri che anche se donano una sensazione di piacere durante il loro consumo, alla lunga diventano dannosi”, precisa il nutrizionista. Per esempio, quelli ipercalorici, ad alto contenuto di grassi e zuccheri come hamburger, patatine fritte, brioche, dolci, ecc.. “Questi alimenti nel lungo periodo producono effetti negativi sulla neurochimica cerebrale, creando una dipendenza al loro consumo e procurando vere e proprie crisi di astinenza. Oltretutto predispongono a gravi malattie come il diabete, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, l’obesità, le malattie cardiovascolari”.

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