Spread the love


E’ accaduto a Orbassano, in una fabbrica di vernici alle porte di Torino. Un dipendente di 57 anni ha prima dovuto fare i conti con la leucemia, e poi con la perdita del posto di lavoro.

Lo scorso settembre voleva rientrare al lavoro, ma l’azienda gli ha mandato una raccomandata con questo oggetto: ” Licenziamento per giustificato motivo oggettivo”.

Roberto (il nome è di fantasia), era il capo dello stabilimento. Era entrato in azienda 19 anni fa come responsabile di produzione, poi gli era stata affidata la gestione dell’intera fabbrica, con la qualifica di quadro “A1”, la più alta tra quelle previste dal contratto dell’industria chimica. Quindi non era un dirigente qualunque, ed era un dipendente a tempo indeterminato.

A novembre di un anno fa arrivano i primi sintomi: un paio di attacchi di febbre. L’uomo fa gli esami del sangue e la sua vita cambia del tutto: ha la leucemia acuta. “Non scorderò mai la telefonata in cui mi dissero che ero malato. Dopo tre ore ero in ospedale a iniziare la chemio ” , racconta Roberto. “Ho avuto pensieri devastanti, catastrofici. Niente di nuovo, non sono certo il primo. Non è questo che conta nella mia storia”, aggiunge.
Ciò che conta è quanto accade dopo. Le cure funzionano, le terapie si fanno meno aggressive e lui torna a stare bene, ricomincia anche a fare attività fisica. Però, tecnicamente potrà dirsi guarito solo tra cinque anni, però può tornare a lavorare.

Avvisa la sua azienda: “Guardate che rientro”. Gli dicono di fare la visita con il medico aziendale, il 25 settembre si sottopone a tale visita. Il dottore spiega che non ha nulla da obiettare: “Non mi è mai stato dato il giudizio di idoneità, ma a voce mi disse che era tutto a posto” , spiega Roberto. Dall’azienda però gli dicono di attendere ancora un po’ e che gli faranno sapere.

Il 2 ottobre, giorno del suo compleanno, arriva la raccomandata con cui viene licenziato. I motivi di salute non c’entrano: “La decisione si rende necessaria a causa dell’attuale situazione economica negativa del mercato di riferimento che ha colpito la società”, si legge. Secondo l’azienda, le materie prime costano di più, la fabbrica non crea più reddito, non ci sono segnali di ripresa, quindi bisogna riorganizzare. Come? Licenziando un solo lavoratore: Roberto.

“Conosco quella fabbrica come le mie tasche, gli affari vanno benissimo. L’aumento delle materie prime è stato minimo, non può certo aver influito sulla redditività” , sottolinea l’ex capo dello stabilimento. “È un licenziamento discriminatorio, legato alla mia malattia” sottolinea l’uomo. “Sono incazzato e stufo di vedere aziende che scrivono codici etici di 30 pagine e poi prendono a calci la dignità dei dipendenti. Mi hanno scippato il lavoro. Oggi una cosa del genere può capitare a chiunque”.

Roberto si è rivolto alla Filctem- Cgil, una mossa che forse l’azienda non si aspettava. “Questo licenziamento è doppiamente discriminatorio, perché colpisce una singola persona che per di più è malata e ancora in cura”. A denunciarlo è il sindacalista Pino Furfaro. Per lui” questa è l’ennesima prova di come il nuovo articolo 18 comporti un abbattimento netto dei diritti dei lavoratori”. Roberto ha rispedito al mittente una proposta di conciliazione avanzata dall’azienda e ora farà ricorso al tribunale del lavoro: “Chiederò il reintegro, perché rivoglio il mio lavoro. Combatterò anche questa battaglia”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.