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Sono 53.6 milioni di immondizia elettronica prodotta solo lo scorso anno nel mondo, pari a 350 transatlantici messi in fila. In cinque anni la mole di oggetti con parti elettroniche, con o senza batterie, è salita al 21% ed è destinata ad aumentare nei prossimi anni, se non si corre subito ai ripari, con conseguenze anche irreparabili per la salute pubblica e ambientale. Gli italiani posseggono dai 15 ai 20 chili di rifiuti elettronici a testa, un vero e proprio record.

A lanciare l’allarme i firmatari del nuovo report ‘Global e-waste monitor 2020’ a cura della United Nations University, componente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’unica soluzione – dichiarano gli autori- risiede nell’adottare i principi dell’economia circolare che va dal corretto smaltimento al riciclo dei pezzi elettronici fino a riparazioni degli oggetti usati.

Condizionatori, televisori, monitor di ogni misura, lampadine, elettrodomestici, stampanti, ventilatori, giocattoli elettronici, pc, telefonini, tablet e chi più ne ha ne metta.

E inoltre vestiti e devices ‘smart’. Tutti oggetti che inquinano l’ambiente e che sono tossici per la nostra salute per poi finire nelle discariche mentre potrebbero valere anche molto se riciclati in modo corretto da tutti quanti noi… Aziende, istituzioni, privati, cittadini. I rifiuti elettronici contengono una lunga lista di metalli preziosi e quelli prodotti lo scorso anno varrebbero 57 miliardi di dollari perché contenenti oro, argento, piombo, rame, platino, e altro ancora.

L’economia circolare prevede lo smaltimento attraverso una precisa filiera organizzata fra comuni e private società, per lo smaltimento e il recupero di oggetti usati o esausti. In media nel mondo ogni uomo, donna o bambino che sia genera 7.3 kg di immondizia di questo tipo, gli europei arrivano a possederne 16,2 chili a testa. Noi italiani siamo tra i paesi del sud Europa finiti in fondo alla lista e possediamo dai 15 ai 20 chili pro capite di rifiuti elettronici.

Cosa sono i Raee?
Secondo la definizione contenuta nel decreto legislativo 49 del 14 luglio 2014, “sono apparecchiature elettriche o elettroniche, inclusi tutti i componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo che sono parte integrante del prodotto al momento in cui il detentore si disfi, abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsene”. I Raee sono dannosi per l’ambiente e non sono biodegradabili. I materiali da cui sono composti (rame, ferro, acciaio, alluminio, vetro, argento, oro, piombo e mercurio) sono, però,riciclabili e vanno per questo destinati al recupero differenziato. I Raee si dividono principalmente in due categorie: quelli che provengono dai nuclei domestici o, comunque, sono considerati affini per dimensioni e caratteristiche e quelli professionali, prodotti da attività amministrative ed economiche.

Come smaltire i Raee: la normativa
La norma attuale prevede che i negozi di elettrodomestici che hanno una superficie di vendita al dettaglio superiore ai 400 metri quadri debbano allestire un’area per il ritiro dei Raee “uno contro zero”, cioè quelli per cui la riconsegna è gratuita e non c’è l’obbligo di acquistare prodotti affini. L’uno contro zero è riservato ai Raee “di piccolissime dimensioni” secondo la definizione contenuta nel decreto del 2014: massimo 25 centimetri di lunghezza con una tensione non superiore ai 1000 volt (corrente alternata) e ai 1500 volt (corrente continua). Tale procedura si aggiunge a quella “uno contro uno” prevista da un decreto ministeriale del 2010 per cui si può riconsegnare gratuitamente al rivenditore il ‘rifiuto’ al momento dell’acquisto di un prodotto della stessa tipologia. L’alternativa è recarsi presso le apposite isole ecologiche o affidarsi al ritiro a domicilio nei comuni che lo prevedono, in determinati giorni per la raccolta o su chiamata diretta.

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