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Ci vogliono almeno tre anni prima che la diagnosi di fibromialgia venga scoperta o confermata.

Si tratta di una forma di malattia reumatica di cui soffre almeno un milione e 200mila connazionali.

«Chi ne soffre prova un dolore cronico diffuso, spesso invalidante, di difficile trattamento – spiega Roberto Gerli, presidente nazionale della Società Italiana di Reumatologia (Sir), il cui convegno nazionale si è aperto oggi a Rimini – e nel nostro Paese la metà dei pazienti, oltre 500mila persone, presenta livelli di severità grave o molto grave. È necessario che la patologia sia subito inserita nei Livelli Essenziali d’Assistenza (Lea) in modo da migliorare l’assistenza socio-sanitaria e le necessità dei pazienti siano riconosciute e prese in carico con modi e tempi adeguati».

È nata da qui l’esigenza di dover istituire necessariamente e il prima possibile, il primo registro nazionale, un progetto molto interessante realizzato grazie Sir con il patrocinio del Ministero della Salute, che a oggi raccoglie i dati relativi a 4.022 persone reclutate in diversi 45 centri specializzati attivi sull’intero territorio nazionale.

«Abbiamo voluto realizzare uno strumento fondamentale per pazienti, medici e istituzioni – continua Roberto Gerli, direttore della Reumatologia all’Azienda Ospedaliera di Perugia -. Il registro attualmente è il primo al mondo per numero di malati coinvolti e permette di svolgere ricerche medico-scientifiche. Possiamo migliorare la conoscenza della storia naturale della malattia, definire l’intervallo di tempo tra l’esordio dei sintomi e la diagnosi, monitorare ed aggiornare il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale (PDTA). Infine ci consente di quantificare gli esiti e l’impatto sociale-economico sull’intera collettività. Abbiamo avuto diverse riunioni con il Ministero della Salute e il suo ufficio per i Lea proprio per definire, in base ai dati raccolti, come meglio organizzare l’assistenza socio-sanitaria nel nostro Paese».

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