Il giudice, Simone Orazio, della II sezione penale del Tribunale di Taranto, ha condannato in primo grado, a complessivi 189 anni di carcere 27 imputati per disastro ambientale e omicidio colposo, per il decesso di 21 operai morti di cancro a causa dell’esposizione ad amianto.
Condanna di 4-9 anni e mezzo, di carcere per gli ex manager e direttori generali dello stabilimento siderurgico di Taranto Italsider/Ilva.
La pena più alta, nove anni e mezzo, è andata al manager Sergio Noce. Condanna di 9 anni per Gianbattista Spallanzani e 9 anni e 2 mesi per Attilio Angelini, accusati tutti di disastro ambientale e della morte di ventuno persone per mesiotelioma.
Pietro Nardi e Giorgio Zappa, ex dg di Finmeccanica sono invece stati condannati a otto anni e mezzo.
Fra gli imputati compaiono anche il patron dell’Ilva Emilio Riva, morto il 30 aprile scorso, suo figlio Fabio Riva e l’ex direttore di Taranto Luigi Capogrosso, condannati a sei anni.
Secondo l’accusa, l’amianto fu adoperato in modo massiccio nello stabilimento di Taranto, ed ancora oggi è presente in alcuni impianti Ilva.
Gli operai non furono formati ed informati sui rischi che correvano a causa di tale sostanza, e non ricevettero visite mediche atte a preservare la loro salute.
Il giudice ha pertanto stabilito una provvisionale anche per malattia professionale nei confronti dell’Inail, di euro 3,5 milioni.