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licenziamento e malattia
Quando i giorni per malattia hanno superato il tetto massimo dei giorni di assenza che il tuo contratto collettivo ti consente prima di poter essere licenziato (cosiddetto comporto) non è possibile allungare la permanenza a casa anche il sabato e la domenica.

A spiegarlo è il sito laleggepertutti.it, che spiega che secondo una recente sentenza della Cassazione, che scatta il licenziamento se oltre il periodo di comporto non si torna a lavoro e si prosegue con la malattia il sabato e la domenica.

Per questo motivo, la Suprema Corte torna a parlare di licenziamento del dipendente in malattia, licenziamento che può avvenire per due diverse cause: il superamento del cosiddetto comporto, ossia il limite massimo di giorni che il ccnl di categoria consente al lavoratore ai fini del diritto alla conservazione del posto di lavoro anche durante l’assenza per malattia; termine che se scade, se il dipendente non torna immediatamente a lavoro, può essere licenziato senza bisogno che il datore dimostri la sussistenza di alcuna giusta causa; scarso rendimento, che si ha quando, pur non superato il periodo di comporto, l’assenza del dipendente crei un serio danno all’azienda per via di disfunzioni organizzative.

In tal caso, però, il datore di lavoro deve dimostrare l’effettività del danno: se non lo fa, il dipendente ha diritto alla reintegra.

Nella sentenza i giudici affrontano il primo dei due casi. Viene in particolare chiarito che, in presenza di una serie di certificati medici che prevedono il riposo dal lunedì al venerdì, vanno calcolati come giorni di assenza anche il sabato e la domenica. Questo significa che è necessario tornare al lavoro non appena finisce la malattia e non è possibile prorogarla anche ai giorni festivi, sabato e domenica.

Per calcolare il comporto, è necessario tenere conto anche dei giorni non lavorativi cadenti nel periodo di malattia in quanto si presume che l’assenza sia dovuta alla malattia stessa e non invece al riposo settimanale o alla festività.

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